Sonnolenza post prandiale? Non con la pasta al dente

La sonnolenza post prandiale, quella sensazione di sazietà mista a torpore che segue al lauto pranzo, è forse uno dei massimi piaceri della vita, a patto di potersela permettere. Nessun problema a concedersela dopo il pranzo della domenica o in un giorno di festa. Ma se sbadigli e palpebre pesanti attaccano, ad esempio, uno studente alle prese con un esame impegnativo e terribilmente vicino le cose cambiano. Da piacere la sonnolenza post prandiale diviene incubo e ciò che l’ha causata ostacolerà anche le operazioni durante la veglia forzata dallo studio.

Come prevenire la sonnolenza post prandiale – Un caffè può aiutare, certo, ma il rimedio migliore, come in molti altri casi, è la prevenzione. La sonnolenza post prandiale è infatti causata da una digestione impegnativa. Numerosi fattori come un pranzo troppo abbondante, un’alimentazione ricca di grassi o l’assunzione di troppe calorie, impegnano l’organismo sottraendo risorse alle altre operazioni, come un’alta soglia di attenzione e concentrazione indispensabili nel caso dello studente.

Il buon senso e una pasta cotta al dente sono i rimedi migliori. La pasta, e in generale i carboidrati, sono i migliori nutrienti per il corretto funzionamento del cervello, mangiarla ‘al dente’ poi, è fondamentale, visto che la cottura prolungata, attraverso una maggiore liberazione dell’amido, rende più rapida la digestione e più alto il picco glicemico postprandiale.

“Le cellule del sistema nervoso centrale – spiega Pietro A.Migliaccio, Presidente della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione (S.I.S.A.) – così come gli eritrociti, utilizzano esclusivamente il glucosio come fonte energetica. La dieta deve assicurare un apporto minimo giornaliero di carboidrati disponibili sufficiente a coprire tale fabbisogno energetico; la stima di utilizzazione di glucosio da parte dei tessuti per l’individuo adulto è di 2 mg/kg di peso corporeo × minuto pari a 200 g al giorno per un individuo con un peso di 70 kg circa.”