Pasta: cucinarla a regola d’arte con un occhio alla sostenibilità. La risposta di Unione Italiana Food al “good cooking” made in USA

In fatto di pasta, nonostante le tendenze provenienti da oltre oceano – dalla Smokey Tomato Carbonara agli inediti metodi di cottura della pasta – l’Italia la sa ancora lunga sul piatto regina della tavola, tornata a essere percepita, nell’ultimo anno, alimento essenziale, cibo di conforto per eccellenza, elemento insostituibile di uno stile di vita sano e mediterraneo.

Harold James McGee, esperto statunitense di chimica e storia della scienza dell’alimentazione e della cucina, nel suo ultimo libro, Keys to Good Cooking, raccomanda un metodo di cottura a suo dire non solo più etico e sostenibile ma anche più efficace dal punto di vista del palato. In sostanza, spiega lo scrittore e studioso, si tratta di cuocere la pasta in padella, sistemandola sul fondo e poi ricoprendola con dell’acqua fredda. Il sistema prevede di utilizzare una quantità di acqua doppia rispetto a quella della pasta, dopodiché accendere il fuoco e lasciar cuocere fino all’assorbimento del liquido, senza dunque la scolatura finale.

Ma i metodi alternativi per ottenere un buon piatto di pasta sono molti. Come ricorda Unione Italiana Food, i pastai italiani con l’iniziativa #PastaDiscovery hanno di recente messo a nudo i segreti della cottura perfetta, per ottenere, a seconda del formato di pasta utilizzato, dei piatti cucinati a regola d’arte, con un occhio attento anche al consumo di acqua, gas o energia elettrica.

 

ACQUA DI COTTURA: RISPARMIARE E RICICLARE SI PUÒ ANCHE COL SISTEMA DELLA NONNA  – Nel procedimento più classico, la pasta va calata solo quando l’acqua della pentola è giunta a bollore, subito dopo aver aggiunto il sale, in quantità variabile dai 7 ai 10 grammi. E se la regola della nonna era che per ogni etto di pasta serve un litro d’acqua, oggi per ottenere un ottimo risultato bastano 0,7 litri di acqua per ogni etto di pasta, questo perché la qualità della pasta è più alta di 40 o 50 anni fa e rilascia meno amido in cottura.

Non è tutto: l’acqua di cottura non va sprecata bensì può essere riciclata e utilizzata in tanti modi. Innanzitutto va detto che un mestolo di acqua di cottura andrebbe sempre tenuto da parte nel caso la pasta si asciugasse troppo o per legare la pasta con il condimento in mantecatura. Ma l’acqua residua si può riutilizzare anche dopo che ha fatto il suo “dovere”, ad esempio, per la cottura al vapore o come base per brodi, zuppe e minestre. E ancora, l’acqua “amidosa” è perfetta per pulire a fondo le stoviglie e pulire attrezzi di cucina, oppure una volta raffreddata, per innaffiare le piante… e addirittura per il pediluvio!

 

TANTI NUOVI METODI “BUONI E SOSTENIBILI”: TUTTI I CONSIGLI SU #PASTADISCOVERY – Secondo una ricerca DOXA-Unione Italiana Food, nel 2020 1 italiano su 3 (32%) ha sperimentato nuovi metodi di cottura della pasta, tra gusto, risparmio e sostenibilità ambientale. In effetti per cucinare un’ottima pasta al dente ci sono anche modi meno convenzionali, che i pastai di Unione Italiana Food spiegano su #PastaDiscovery. Si tratta di nuovi modi ecosostenibili per cuocere la pasta al dente, consentendo a ogni famiglia di consumare 80-100 litri di acqua in meno all’anno. Il ciclo di incontri #PastaDiscovery vivrà in tre momenti nel corso dell’anno e sui canali social di WeLovePasta, community di oltre 30mila pasta lovers, con tanti contenuti multimediali che spaziano dai talk ai consigli pratici, alla storia, scienza e cultura della pasta, alle guide e ai test di assaggio, fino alle interviste e ai contributi video di gastronomi, pastai, food blogger e i consigli di Cristina Bowerman, chef stellato e presidente dell’associazione Ambasciatori del Gusto. Ecco 8 gustosissime proposte:

 

In pentola a pressione – Quando scienza e arte si incontrano nascono i piatti più gustosi e creativi, amici della linea e dell’ambiente. È il caso dell’amatriciana in pentola a pressione, realizzata dallo chef Davide Scabin. Gli ingredienti vanno messi tutti in pentola, con 100 millilitri d’acqua – invece del litro canonico – per 100 grammi di pasta. Da inizio cottura, fischio o non fischio, vanno contati 11 minuti circa. Con questa tecnica si risparmiano detersivi, gas ed energia (si usa una padella invece di due) e acqua.

Cottura passiva o per infusione – Altro metodo green, che permette di risparmiare gas ed energia elettrica. Con la cottura passiva, la pasta cuoce a fuoco acceso solo per 2-4 minuti da quando l’acqua riprende il bollore. Poi si spegne il fornello e si copre la casseruola con il coperchio per limitare la dispersione del calore, lasciando la pasta in infusione nell’acqua per il restante tempo indicato sulla confezione. In questo modo l’acqua sarà stata assorbita.

Cottura espressa – Perfetta per tutti i giorni e per le occasioni speciali, questo metodo prevede cottura in acqua bollente per l’80% del tempo previsto e il completamento per gli ultimi 2 minuti in padella insieme al suo condimento. Il risultato: una mantecatura perfetta, una coccola quotidiana, un classico gourmet.

Cottura risottata – Si procede come per il risotto: prima si fa tostare leggermente la pasta, poi si aggiungere gradualmente la parte liquida necessaria (acqua o brodo), continuando a mescolare fino a quando non sarà assorbita completamente dalla pasta. La cottura a risotto è perfetta per condimenti non corposi, come un aglio, olio e peperoncino o per gli spaghetti alle vongole, perché l’amido rilasciato aiuterà a legare la pasta dando corpo al piatto. Servono tre accorgimenti: il liquido di cottura va aggiunto poco alla volta e sempre bollente per mantenere costante la temperatura; va mescolato continuamente per favorire la cessione dell’amido necessario per formare la cremina; i formati di pasta più spessi andrebbero precotti in acqua bollente per metà del tempo di cottura previsto.

 Doppia cottura – Un classico di ristoranti e mense, da tenere a mente per chi ha una famiglia numerosa o per quando saranno consentite tavolate meno… distanziate. Due o tre ore prima del servizio si cuoce la pasta per la metà del tempo indicato, va scolata in una teglia aggiungendo un filo di olio e raffreddata immediatamente (meglio se in un abbattitore di temperatura). La pasta si conservarla in frigo, coprendo la teglia. All’occorrenza, rinvenire la pasta per 30-60 secondi in acqua bollente e servire.

One pot pasta – Una variante della pasta risottata amata da Michelle Obama, dagli ecologisti e… dai pigri, perché utilizzando un’unica pentola per la cottura della pasta e del condimento, si risparmia gas, energia elettrica e utensili da lavare. Si parte con acqua fredda (per 200 grammi di pasta servono 1,5l d’acqua), aggiungendo a mano a mano gli ingredienti del condimento e, una volta raggiunto il bollore, si cala la pasta. Quando tutta l’acqua sarà evaporata, la pasta sarà pronta per essere servita.

Cottura a campana – La sfida della pasta fredda è fermare la cottura al punto giusto e evitare il “mappazzone” scotto. L’errore: raffreddarla sciacquandola sotto l’acqua o lasciandola a scuocere in pentola. La soluzione: la cottura a campana. A due terzi della cottura (se il tempo di cottura indicato sulla confezione è di 14 minuti, va fatta bollire per circa 10 minuti), la pasta va scolata per bene, trasferita in una insalatiera e sigillata con pellicola trasparente. La pellicola si gonfierà “a campana” e la cottura si completerà a secco. In questo modo, la pasta resterà integra, buona e al dente anche per il giorno dopo. Unico accorgimento: preferire formati piccoli e corti.

Pasta al forno – La pasta secca andrebbe sempre prelessata, in genere al dente, ma con alcune eccezioni: se il condimento è ricco e liquido, va cotta per 2/3. La pasta va infornata nel forno già caldo per evitare di farla scuocere nell’attesa che la superficie si colori. Se invece la scelta cade su una pasta fresca o all’uovo, o su certe tipologie di lasagne, la precottura non è necessaria e sarà la naturale umidità degli altri ingredienti a conservare la morbidezza della pasta anche a cottura terminata. La temperatura ideale per ottenere la crosticina superficiale varia a seconda della ricetta e del formato: per esempio, i cannelloni andrebbero cotti a una temperatura elevata, anche superiore ai 220° C, mentre le lasagne danno il meglio di sé a 180-200° C al massimo. Una curiosità: la pasta al forno il giorno dopo è più buona perché il passaggio nel forno la essicca da buona parte dell’acqua di cottura, quindi “fotografa” la gelatinizzazione degli amidi e la consistenza della pasta, soprattutto negli strati superficiali, facendola rimanere in uno stato molto simile alla cottura al dente anche per ore, o giorni.