Cruda o cotta? Quando al dente è sinonimo di… salute

La pasta più è nervosa, meglio è. Sì, avete capito bene: il nervo è lo sforzo che occorre per tagliare con i denti la pasta, la sua resistenza al taglio, l’elasticità, la palatabilità, la struttura che riconosciamo quando la mastichiamo. E la masticazione lunga che ci impone la cottura al dente non solo la rende più buona ma anche più digeribile.

Masticare lentamente e accuratamente stimola i recettori che agiscono sul senso di sazietà, riducendo quel senso di fame che ci porta ad introdurre altro cibo. Inoltre, la masticazione è la prima fase della digestione. Frantumare il cibo in pezzi più piccoli fa sì che sia più esposto alla saliva, fondamentale per il metabolismo e più facile da digerire.

Una pasta cotta bene (cioè al dente), è anche una pasta più sana perché ha un minor impatto sull’indice glicemico e una minore stimolazione alla produzione di insulina. La digestione diventa più lenta, così come l’assorbimento del glucosio che compone l’amido: il risultato è un indice glicemico inferiore. Quindi non cruda, non scotta, ma al dente.

E anche la comunità scientifica internazionale ha sottolineato, nel documento di consenso scientifico “Healthy Pasta Meals”, che in un’epoca in cui il diabete e l’obesità fanno la parte del leone in tutto il mondo, i piatti a base di pasta e altri alimenti a basso contenuto glicemico contribuiscono a tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue e il peso, soprattutto nelle persone sovrappeso. E che il modo in cui la pasta viene prodotta, che limita la fuoriuscita dell’amido attraverso il reticolo proteico, ha effetti benefici riducendone la risposta glicemica.

Altre fonti: Fondazione Veronesi