Diete low carb, il no dei nutrizionisti in 9 perché

Gli italiani non le amano e le ritengono un controsenso nel paese della pasta e della dieta mediterranea (Doxa-AIDEPI). Parliamo delle diete low carb. Come suggerisce il nome stesso si tratta di “diete a basso contenuto di carboidrati” che da oltre 30 anni promettono dimagrimenti “lampo” e che, sebbene abbiano spesso come testimonial personaggi famosi del mondo dello spettacolo, non solo hanno poca presa reale sulle abitudini degli italiani (soltanto il 2% dei nostri connazionali ha dichiarato di aver seguito una dieta low- carb) ma sono fortemente sconsigliate dai nutrizionisti dietologi e gastroenterologi di fama mondiale. Perché? Ecco 9 motivi, sostenuti dagli esperti, per dire no alle diete low-carb.

1. Perché l’approccio riduzionista (no ai carboidrati), tipico di queste diete, è pericoloso

L’idea di ridurre drasticamente (o addirittura eliminare) un componente piuttosto che un altro (che siano i grassi come i carboidrati), dalla nostra alimentazione, è sbagliata e al tempo stesso pericolosa. Il nostro organismo, infatti, anche quando si riduce l’introito di calorie per un periodo limitato, ha bisogno di carboidrati, proteine e grassi. Magari si può ritoccare l’equilibrio tra questi “ingredienti” (che normalmente vede i carboidrati contenuti nel range 45-60%, le proteine 15-20% e i grassi 25-30%), ma nessuno dei macronutrienti della dieta può e deve essere eliminato. Lo conferma Andrea Ghiselli, ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura), secondo cui: “Generalmente, a parte diverse indicazioni mediche, non ha senso seguire una dieta rigorosamente low-carb o low-fat. Per dimagrire in salute occorre adottare una dieta bilanciata, solo leggermente ipocalorica. E soprattutto cambiare stile di vita, adottando un modello non sedentario, facendo sport o semplicemente muovendosi di più”.

2. Perché si tratta di diete squilibrate che apportano troppi grassi e proteine animali

In modo diverso, chi più, chi meno, tutte le diete low carb si basano su un regime fortemente squilibrato, troppo ricco di grassi e proteine animali, limitando l’apporto di frutta e verdura, che dovrebbe non scendere mai sotto le 5-7 unità al giorno.

3. Perché l’effetto dimagrimento “lampo” che promettono rientra nel breve periodo (1 anno)

Se nei primi 6 mesi le diete low carb sembrano offrire i risultati più veloci, di fatto nel medio periodo, circa 1 anno, è stato dimostrato che tutte le diete a basso impatto di carboidrati, o a alto contenuto di proteine, portano a risultati finali molto simili tra loro: si torna al peso precedente.

4. Perché provocano chetosi, pericolosa per la salute di fegato e reni

Tutte le diete iperproteiche che indicano una riduzione sotto i 100 grammi al giorno di carboidrati, o addirittura la loro eliminazione, provocano chetosi. Non trovando sufficiente glucosio nel sangue (prodotto dagli zuccheri semplici o complessi contenuti nei carboidrati) al quale attingere per l’energia necessaria a svolgere le attività vitali, l’organismo è costretto ad “attaccare” massicciamente i grassi. In questo modo si formano corpi chetonici (come l’acetone) che, oltre un certo limite, si accumulano nel sangue portando a chetosi. Inoltre, quando s’introducono troppe proteine (oltre 1 grammo al giorno per chilo di peso corporeo), l’eccesso non può essere depositato, ma viene ossidato: contribuisce così al bilancio energetico, ma questo processo aggrava il lavoro di fegato e reni. Pietro A. Migliaccio, medico nutrizionista, specialista in Gastroenterologia e Presidente della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione (SISA) conferma questa tesi, sottolineando che: “In una alimentazione corretta ed equilibrata l’apporto di carboidrati deve rappresentare almeno il 45% delle calorie totali della dieta. La “nostra” Dieta Mediterranea costituisce il modello alimentare più idoneo a soddisfare le esigenze energetiche del cervello per il corretto svolgimento di tutte le sue funzioni, per la conservazione dei neuroni e per la salvaguardia delle sinapsi cerebrali e di tutto il sistema nervoso”.

5. Perché portano spesso all’effetto “yo yo”

Appena finita la dieta il nostro corpo reagisce cercando gli alimenti “proibiti”. Alcune diete più di altre (in particolare la Dukan e la Atkins) sono caratterizzate da un veloce recupero del peso perduto. Che spinge a riprendere la dieta e a consumare di nuovo proteine in eccesso. Alla fine la dieta diventa un loop, negativo per la salute.

6. Perché aumentano il rischio cardiovascolare e tumorale

Secondo il parere di molti esperti le diete iperproteiche aumenterebbero il rischio cardiovascolare (l’alto consumo di grassi determina un aumento di colesterolo con importante crescita del rischio arteriosclerosi e infarti) e quello di contrarre tumori (lo scarso apporto di carboidrati e l’inadeguato apporto di frutta e verdura, alimenti ricchi di fibre e antiossidanti, esporrebbe al rischio tumorale vescica, seno, stomaco e colon retto).

7. Perché trascurano l’apporto di alcune vitamine e sali minerali fondamentali per la salute

Comportano, in molti casi, carenza di magnesio, ferro, potassio, calcio e vitamina B9 (cioè l’acido folico).

8. Perché sono difficili da portare avanti per chi ha problemi di regolarità

L’assunzione di poche fibre (contenute nei carboidrati) e l’ingerimento di troppe proteine, a lungo andare determina (e accresce in chi ne soffre) problemi di stitichezza. Per questo alcune di queste diete (vedi la Dukan) cercano di correggere il problema con l’indicazione d’ingerire ogni giorno almeno 3 cucchiaini di crusca.

9. Perché non sono adatte per chi fa sport o vive in maniera attiva

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le diete iperproteiche non sono indicate per chi pratica sport a livello agonistico. Lo stesso vale per i semplici amanti della palestra, della corsa o del fitness. Queste categorie di persone – definite “attive” o “molto attive” – devono assumere la giusta dose quotidiana di carboidrati in quanto fonte principale di energia per le loro attività. Michelangelo Giampietro, Specialista in Medicina dello Sport e in Scienza dell’Alimentazione, sostiene infatti che: “La pasta, soprattutto se di buona qualità, cotta al dente e condita con condimenti leggeri e poco grassi, è facilmente digeribile e quindi adatta all’alimentazione dello sportivo anche di alto livello”.