Dal chicco alla pasta: ecco l’identikit dei grani migliori e delle semole che diventano pasta

La filiera di produzione del grano che rende la pasta italiana la migliore al mondo

La pasta italiana è fatta con la semola di grano duro. E’ un certificato di qualità, unico al mondo, oltre che un obbligo normativo visto quanto previsto dalla Legge di purezza della pasta, varata nel 1967. L’Italia ha così sempre riservato grande attenzione sia alle caratteristiche del prodotto che alle materie prime utilizzate, in modo da rendere la pasta italiana la migliore al mondo.

Semola sempre al top – «La semola di grano duro – commentano Vincenzo e Francesco Divella, amministratori delegati dell’omonimo pastificio – è l’unica ad avere quella tenacità che permette alla pasta di tenere la cottura e di restare sempre al dente. Quando è di ottima qualità e risponde ai parametri richiesti, le proteine a contatto con l’acqua creano il glutine, il “cemento” che costituisce la struttura della pasta e ne trattiene l’amido. Più forte è la tenuta della rete proteica, più strette le sue maglie, meno amido fuoriuscirà dalla pasta in cottura (lo si vede a occhio dalla limpidezza dell’acqua nella pentola) evitando che si formi quella patina sulla superficie della pasta che la rende collosa e scotta. Per questo, ci sta molto a cuore la qualità della materia prima, affinché la nostra pasta sia la migliore al mondo».

Tanta pasta, tanto grano – Eccellenza simbolo del made in Italy, il nostro Paese produce oltre 3 tonnellate di pasta all’anno (3,36 nel solo 2017). Ciò significa che c’è bisogno di tanto grano, e di qualità, per coprire il fabbisogno di pasta annuo. Ma l’Italia non riesce a fare tutto da sola: il 70% della produzione di pasta è assorbito dal grano italiano, la parte restante deve essere pescata all’estero, tra le migliori produzioni grani al mondo, come ad esempio in Francia, Australia, Messico e Nord America (l’83% del grano importato è di qualità superiore, con proteine oltre il 13%).

Verso una produzione autonoma – La filiera italiana di grano fatica a coprire il fabbisogno di pasta anche perché non sempre il grano di casa nostra raggiunge i livelli di qualità previsti dalla legge sulla purezza. In più, poco più di un 1/3 del grano italiano (35%) ha un contenuto di proteine superiore al 13% e circa il 30% del grano duro prodotto in Italia è di qualità medio bassa, con un tasso proteico sotto il 12%. Occorre, quindi, maggiore collaborazione e coordinamento tra cerealicoltori, imprese industriali, molini e pastifici per rifornirsi direttamente dal mercato italiano.

«Un primo passo è stato fatto – continua Riccardo Felicetti, Presidente dei pastai di Aidepi, l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane – con la sottoscrizione di contratti di filiera pluriennali tra parte agricola, cooperazione e industria che hanno l’obiettivo di garantire agli agricoltori un reddito sicuro, fissare premi di produzione legati al raggiungimento di standard qualitativi del grano in base alle esigenze dell’industria della pasta, migliorare il grano duro nazionale. Rappresenta l’inizio di un percorso virtuoso di collaborazione, con la consapevolezza che la condivisione è sempre uno strumento di forza».

Oneri e onori – Giugno fa rima con grano poiché è il mese della mietitura. E’ in questo momento che si pongono le basi di numerosi primati: l’Italia è, infatti, il primo produttore mondiale di pasta, il primo produttore europeo di grano duro ed è il primo Paese nell’esportazione di pasta (1,9 milioni di tonnellate). Secondo le stime di Aidepi, nel 2018-2019 dovremmo avere una produzione di grano stabile rispetto al biennio precedente (4,2 milioni di tonnellate) mentre a livello mondiale dovrebbe registrarsi una ripresa del 4,3% con un totale di 38,6 milioni di tonnellate di grano prodotte. Numeri che confermano la responsabilità di tutelare il valore storico e i livelli qualitativi del grano duro.