La pasta come opera d’arte: da Giacomo Nani a Guttuso

Per celebrare la giornata mondiale dei musei ecco le principali opere d’arte in cui la pasta è protagonista.

Cibo e arte – Il rapporto tra arte e cibo è strettissimo da sempre, da quando l’uomo ha cominciato a rappresentare tutto ciò che lo circonda, lo ispira, e letteralmente lo nutre. Vermicelli, spaghetti e “maccheroni” in generale, infatti, trovano ampio spazio nella letteratura, nel cinema e nelle opere di grandi artisti italiani ed internazionali, dalle origini fino ai giorni nostri.

Nella giornata mondiale dei musei, abbiamo deciso di farvi fare un gustoso tour virtuale alla scoperta delle principali opere d’arte a tema pasta.

Il Mangiamaccheroni – Le prime vere rappresentazioni pittoriche della pasta si hanno verso la metà del ‘600 con Mathias Stomet, olandese ma napoletano d’adozione (soggiornò nel capoluogo campano dal 1633 al 1639). Di lui, presso il museo di Capodimonte, troviamo un quadro intitolato “Il Mangiamaccheroni”, raffigurante un uomo che con soddisfazione mangia, con le mani, un piatto di pasta.

Giacomo Nani e il menù del ‘700 – Restiamo a Napoli con le composizioni di Giacomo Nani, pittore di nature morte e scene di genere d’ispirazione naturalista, in cui spesso compaiono i maccheroni e altri alimenti del tempo. In particolare, in una serie inviata ad Isabella Farnese e conservata in Spagna, sono rappresentati, come in un menù, gran parte dei piatti che si servivano all’epoca sulle tavole dei napoletani.

Incontro tra arte e cinema – Se avete in programma un viaggio a Parigi, al museo Armeno di Francia, è possibile ammirare il quadro “Armeni italiani a pranzo” di Gregorio Sciltian, dove gli spaghetti, mostrati con fierezza da uno dei commensali, richiamano le inquadrature cult tipiche del cinema del novecento, come gli spaghetti di Totò in Miseria e Nobiltà e i maccheroni di Alberto Sordi in Un americano a Roma.

Gli spaghetti di Guttuso – Finiamo il nostro excursus nell’arte culinaria con una delle opere più famose di Renato Guttuso, “L’Uomo che mangia gli spaghetti” del 1956. L’opera si ispira al padre dell’artista, che di ritorno dal mare chiudeva le tende e scacciava le mosche, per sedersi nella penombra e gustarsi un piatto di spaghetti al pomodoro.

A noi è venuto un certo appetito, a voi?

 

Fonti: leoneverde.it; Un capolavoro chiamato pasta. Uno stile alimentare globale

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