A Roma la Carbonara regna sovrana. Negli ultimi anni, soprattutto, è diventata la vera regina della cucina tra i primi piatti. Ma ha due sorelle altrettanto famose ed apprezzate che si contendono tra i romani (e non) il primato tra la più buona. Non a caso si chiamano “la triade delle paste romane”: stiamo parlando della Cacio e Pepe e della Amatriciana (a volte accompagnate anche dalla Gricia). Le ricette sono ben conosciute, invece quali sono i formati ideali? Ve li consigliamo noi e vi diamo qualche cenno storico sulle due paste iconiche romane.
Cacio e pepe: storia e curiosità. La pasta cacio e pepe, simbolo della cucina romana, ha una storia molto umile, nasce tra i pascoli durante la transumanza. Durante i lunghi spostamenti del gregge, i pastori dell’agro romano riempivano la bisaccia di alimenti calorici e a lunga conservazione, come i pomodori secchi ma soprattutto il guanciale di maiale essiccato e qualche fetta di cacio pecorino, del pepe nero in grani e gli spaghetti essiccati preparati a mano con acqua, sale e farina, gli ingredienti che ci permettono di preparare la pasta cacio e pepe come la conosciamo oggi. Questo piatto all’inizio era conosciuto e mangiato solo dai pastori ma in poco tempo è entrato a far parte dei menu delle osterie romane.
Cacio e pepe: formati e consigli. La Cacio e Pepe nasce storicamente con i tonnarelli, ovvero con una tipologia di pasta fresca. Il formato di pasta conta moltissimo in questa ricetta. Oltre ai tonnarelli, che rappresentano universamente il formato perfetto per la cacio e pepe, in generale funziona bene tutta la pasta lunga di grano duro, come gli spaghetti o spaghettoni. Da non disegnare nemmeno i rigatoni, le classiche penne o anche delle mezze maniche, purché rigate.
Amatriciana: storia e curiosità. Anche l’Amatriciana è un’icona della cucina romana. Gli ingredienti ufficiali sono: guanciale, pecorino e pomodoro. Prende il nome da Amatrice, una cittadina in provincia di Rieti. la prima testimonianza scritta di questo piatto ci arriva dal cuoco Francesco Leonardi che, nel 1816, lo servì alla corte del PapaNell’800, nel rione Ponte (zona di piazza Navona area ponte Sant’Angelo), esisteva un vicolo chiamato de’ Matriciani (dopo il 1870 vicolo degli Amatriciani) e una piazza (oggi Piazza Lancellotti) dove i Grici (Sabini) tenevano mercato, vendendo pane, salumi e formaggi dei monti Sibillini; sostavano poi nei pressi di una locanda chiamata L’Amatriciano. Questo sugo è figlio quindi della gricia (o griscia), piatto di spaghetti o maccheroni conditi con olio, pepe e barbozzo o guanciale, nato in un paese reatino di nome Grisciano. Cosa certa è che l’aggiunta della salsa di pomodoro risale alla fine del diciassettesimo secolo.
Amatriciana: formati e consigli. Il bucatino è universalmente riconosciuto come il più accreditato per la ricetta dell’Amatriciana. Ma non è l’unico: certo è che la scelta del formato può influenzare significativamente l’esperienza gustativa del piatto. Quali caratteristiche deve avere la pasta ideale per esaltare al meglio i sapori intensi e decisi dell’Amatriciana? I bucatini, caratterizzati da un foro centrale, sono in grado di catturare e trattenere il sugo, permettendo ad ogni boccone di essere ricco e saporito. Tuttavia, non è raro trovare varianti che prevedono l’uso di spaghetti, una scelta altrettanto valida che rispecchia le preferenze personali e le variazioni regionali della ricetta. I bucatini, grazie alla loro consistenza robusta e alla capacità di assorbire il sugo, si sposano magnificamente con la ricchezza del condimento, offrendo un equilibrio ideale tra pasta e salsa. Gli spaghetti, d’altro canto, offrono una consistenza più delicata che contrasta piacevolmente con la sapidità e la piccantezza del sugo. Talvolta si opta anche per un formato corto, rigorosamente rigato e possibilmente con trafila in bronzo, come la mezza manica, che riesce a nascondere al suo interno un morso di guanciale croccante