Metodi di cottura alternativi e gli errori da non fare per avere un buon piatto di pasta

Dalla pentola a pressione alla cottura risottata, ecco tutti i metodi di cottura alternativa della pasta e 5 errori da non commettere per avere un buon piatto di pasta

IN PENTOLA A PRESSIONE – Quando scienza e arte si incontrano nascono i piatti più gustosi e creativi, amici della linea e dell’ambiente. È il caso dell’amatriciana in pentola a pressione, realizzata dallo chef Davide Scabin. Gli ingredienti vanno messi tutti in pentola, con 100ml d’acqua invece del litro canonico per 100 grammi di pasta. Da inizio cottura, fischio o non fischio, vanno contati 11 minuti circa. Con questa tecnica si risparmiano detersivi, gas ed energia (si usa una padella invece di due) e acqua.

COTTURA PASSIVA O PER INFUSIONE – Altro metodo green, che permette di risparmiare gas e energia elettrica. Con la cottura passiva, la pasta cuoce a fuoco acceso solo per 2-4 minuti da quando l’acqua riprende il bollore. Poi si spegne il fornello e si copre la casseruola con il coperchio per limitare la dispersione del calore, lasciando la pasta in infusione nell’acqua per il restante tempo indicato sulla confezione. In questo modo l’acqua sarà stata assorbita.

COTTURA ESPRESSA – Perfetta per tutti i giorni e per le occasioni speciali, questo metodo prevede cottura in acqua bollente per l’80% del tempo previsto e il completamento per gli ultimi 2 minuti in padella insieme al suo condimento. Il risultato: una mantecatura perfetta, una coccola quotidiana, un classico gourmet.

COTTURA RISOTTATA – Si procede come per il risotto: prima si fa tostare leggermente la pasta, poi si aggiungere gradualmente la parte liquida necessaria (acqua o brodo), continuando a mescolare fino a quando non sarà assorbita completamente dalla pasta. La cottura a risotto è perfetta per condimenti non corposi, come un aglio, olio e peperoncino o per gli spaghetti alle vongole, perché l’amido rilasciato aiuterà a legare la pasta dando corpo al piatto. Servono tre accorgimenti: il liquido di cottura va aggiunto poco a poco e sempre bollente per mantenere costante la temperatura; va mescolato continuamente per favorire la cessione dell’amido necessario per formare la cremina; i formati di pasta più spessi andrebbero precotti in acqua bollente per metà del tempo di cottura previsto.

 DOPPIA COTTURA – Un classico di ristoranti e mense, da tenere a mente per chi ha una famiglia numerosa o per quando saranno consentite tavolate meno… distanziate. Due o tre ore prima del servizio si cuoce la pasta per la metà del tempo indicato, va scolata in una teglia aggiungendo un filo di olio e raffreddata immediatamente (meglio se in un abbattitore di temperatura). La pasta si conservarla in frigo, coprendo la teglia. All’occorrenza, rinvenire la pasta per 30-60 secondi in acqua bollente e servire.

ONE POT PASTA – Una variante della pasta risottata amata da Michelle Obama, dagli ecologisti e… dai pigri, perché utilizzando un’unica pentola per la cottura della pasta e del condimento, si risparmia gas, energia elettrica e utensili da lavare. Si parte con acqua fredda (per 200 grammi di pasta servono 1,5l d’acqua), aggiungendo a mano a mano gli ingredienti del condimento e, una volta raggiunto il bollore, si cala la pasta. Quando tutta l’acqua sarà evaporata, la pasta sarà pronta per essere servita.

COTTURA A CAMPANA – La sfida della pasta fredda è fermare la cottura al punto giusto e evitare il “mappazzone” scotto. L’errore: raffreddarla sciacquandola sotto l’acqua o lasciandola a scuocere in pentola. La soluzione: la cottura a campana. A due terzi della cottura (se il tempo di cottura indicato sulla confezione è di 14 minuti, va fatta bollire per circa 10 minuti), la pasta va scolata per bene, trasferita in una insalatiera e sigillata con pellicola trasparente. La pellicola si gonfierà “a campana” e la cottura si completerà a secco. In questo modo, la pasta resterà integra, buona e al dente anche per il giorno dopo. Unico accorgimento: preferire formati piccoli e corti.

PASTA AL FORNO – La pasta secca andrebbe sempre prelessata, in genere al dente, ma con alcune eccezioni: se il condimento è ricco e liquido, va cotta per 2/3. La pasta va infornata nel forno già caldo per evitare di farla scuocere nell’attesa che la superficie si colori. Se invece la scelta cade su una pasta fresca o all’uovo, o su certe tipologie di lasagne, la precottura non è necessaria e sarà la naturale umidità degli altri ingredienti a conservare la morbidezza della pasta anche a cottura terminata. La temperatura ideale per ottenere la crosticina superficiale varia a seconda della ricetta e del formato: per esempio, i cannelloni andrebbero cotti a una temperatura elevata, anche superiore ai 220° C, mentre le lasagne danno il meglio di sé a 180-200° C al massimo. Una curiosità: la pasta al forno il giorno dopo è più buona perché il passaggio nel forno la essicca da buona parte dell’acqua di cottura, quindi “fotografa” la gelatinizzazione degli amidi e la consistenza della pasta, soprattutto negli strati superficiali, facendola rimanere in uno stato molto simile alla cottura al dente anche per ore, o giorni.

 

Ecco i 5 errori da non fare per avere un buon piatto di pasta

 

#1 AGGIUNGERE OLIO IN COTTURA

Non serve e potrebbe rendere più critico il legame della pasta con il condimento. L’olio EVO andrebbe aggiunto solo a fine cottura per creare l’emulsione perfetta. Per evitare che si attacchi basta mescolarla con attenzione, specie nei primi minuti di cottura.

 

#2 POCA ACQUA NELLA PENTOLA

La pasta non “nuota” in pentola: se l’acqua non è sufficiente, rischia di cuocere in modo non uniforme, scotta fuori e cruda dentro.

 

#3 “LAVARLA” UNA VOLTA SCOLATA

Sciacquare la pasta per fermare la cottura: si perde il sapore amidoso. Per freddarla basta scolarla qualche minuto prima e lasciarla raffreddare.

 

#4 AGGIUNTA DI SALE QUANDO LA PASTA È GIÀ QUASI COTTA

Il sale va messo appena l’acqua bolle e prima di calare la pasta. se aggiunto troppo tardi l’acqua salata non idraterà in modo uniforme e fino alla sua “anima” la pasta

 

#5 TRATTARE TUTTI I FORMATI ALLO STESSO MODO

Ogni formato si comporta diversamente in cottura. Il minutaggio, la percentuale di proteine, la sua trafila e la lavorazione indicati in confezione sono un indizio, ma comprendere la sua architettura ci darà indizi su come rilascerà il suo amido e come farle raggiungere il suo dente. Per esempio, piegare lo spaghetto per farlo entrare in pentola entro i primi 90 secondi perché cuocia in modo uniforme, scolare in anticipo i formati più grandi per evitare che si rompano, prestare attenzione alle alette delle linguine per controllare il rilascio dell’amido e così via.