La pasta al Sud Italia tra mito e folklore

Gli italiani e la pasta. Un vero e proprio amore che cresce di anno in anno (ne consumiamo circa 24kg a testa). Ancora più viscerale è il rapporto che lega il sud Italia alla pasta, un amore che si divide tra mito e folklore.

Il mito di Gragnano e Torre Annunziata – La pasta di Gragnano, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, nasce intorno al XVIII secolo, quando l’industria manifatturiera della pasta di Torre Annunziata e di Gragnano – grazie al sapere degli artigiani della pasta campani, all’ottimo grano duro a disposizione e ai capitali messi a disposizione dai primi mugnai-imprenditori locali – diventa polo principale celebre in tutto il mondo. A Gragnano si moltiplicano i mulini che macinano il grano duro (diventeranno 25). Lo stesso accade a Torre Annunziata che poco dopo diventerà, con la semola prodotta nei suoi mulini idraulici, fornitore ufficiale della città di Napoli. Alla fine del Settecento i 26 pastifici di Torre Annunziata producono già circa 445 quintali di pasta al giorno.

Pulcinella e la pasta – Col passare del tempo, cresce la produzione e cambiano consumi e abitudini alimentari. E i napoletani, fino al Seicento chiamati “mangiafoglie”, si guadagnano l’appellativo di “mangiamaccheroni”. A fine Settecento il consumo procapite di pasta è di 14kg. Un’enormità se si pensa che i napoletani non arrivavano a consumare 30 kg di pane a testa. Da fine Settecento, la pasta secca da piatto delle tavole nobiliari diventa cibo popolare per eccellenza perché è buona e costa poco. Si afferma come piatto unico dei poveri e, più timidamente, come “primo piatto” dei più benestanti, che la consumano 2 o 3 volte la settimana. E “incontra” Pulcinella, la maschera più conosciuta della tradizione partenopea. Secondo Anton Giulio Bragaglia “il principale attributo di Pulcinella sono i maccheroni (…) che egli può portare anche in tasca, già conditi e fumanti”, tratteggiando un’immagine che sarebbe tornata in un celebre film di Totò.

La pasta come street food dei lazzaroni – Attorno alla produzione e al consumo della pasta nasce un fenomeno di costume segnalato più volte nei taccuini dei viaggiatori stranieri. La pasta è street food fumante mangiato dai “lazzaroni” con le mani. Una guida turistica dell’epoca consigliava agli stranieri didi recarsi di sera dalle parti di Posta Massa, verso la Vicaria, per vedere come si mangiano i “maccheroni alla napoletana” e cioè con le mani, senza forchetta, sollevati mezzo palmo sopra la bocca e calati con un leggero movimento a spirale. Fa folclore anche l’abitudine a esporre spaghetti e maccheroni su telai o canne per la fase di essiccazione all’aria aperta che ha dato vita a qualche presa di posizione negativa per ragioni igieniche. Si scriveva nell’Ottocento che “il gran polverio che viene dal gran transitare d’ogni sorta di veicoli insozza e deturpa le paste”.

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